Mots Fous, a Lomé contest di slam per giovani sul disagio mentale

[Qui la versione in francese dell’articolo a cura di Luciana Buttini, pubblicata su One Global Voice]

Quante sono le persone al mondo che soffrono di disturbi mentali? I dati ufficiali, per quanto importanti per avere una misura del problema, non sono così realistici. Perché a queste cifre alla fin fine sfuggono tutte quelle situazioni (e condizioni) che non escono mai allo scoperto e rimangono relegate nelle quattro mura di una stanza o nei cortili di un villaggio rurale.

In Africa è assai basso il numero delle persone che possono accedere a cure mediche e psichiatriche. E questo, sostanzialmente, per due ordini di motivi: la scarsità di personale specializzato e il tabù che ancora circonda la malattia mentale.

È importante sottolineare che seppure alcune cause dei disturbi mentali sono vere e proprie patologie, magari genetiche, magari ereditarie, molte altre – se non la maggior parte – sono il frutto di una scarsa attenzione alla salute mentale e nascono e si sviluppano da condizioni sociali che incidono sulla vita degli individui.

Pensiamo allo stato di bisogno o alla mancanza di lavoro, ai conflitti o alle guerre, a fallimenti o a necessità a cui la società, le istituzioni, lo Stato non riesce (o anche non vuole, non si impegna) a dare risposte.

Ma, diciamolo subito, i Paesi ad alto reddito non sono meno colpiti di quelli a basso PIL. Secondo quanto emerge da una recente indagine svolta da Ipsos, l’Italia è l’ultima in Europa per il livello di benessere mentale. Solo il 18% degli intervistati ha dichiarato di sentire uno stato di pieno benessere nella sua vita, il 48% si sente solo, il 56% si sente stressato. I soggetti più a rischio sono le donne (anche a causa della disparità di genere) e i giovani. E sulla questione giovani ritorneremo.

Intanto ricordiamo che l’Organizzazione mondiale della sanità afferma che almeno 280 milioni di persone al mondo sono affette da depressione ma di queste circa l’85% che vive nei Paesi a basso reddito non riceve alcun trattamento.

Nei Paesi sub-sahariani bisogna fare i conti, in questo senso, con gli scarsi investimenti dei Governi nella prevenzione e nella cura. In media i Governi africani destinano solo 50 centesimi di dollari a cittadino sulla salute ben al di sotto dei 2 dollari di spesa pro-capite raccomandati. E alla fine la maggior parte delle spese va agli ospedali psichiatrici. Dove di solito arrivano situazioni già croniche con poche speranze di un ritorno ad una vita normale.

Va anche considerato che metà della popolazione mondiale vive in Paesi dove c’è uno psichiatra ogni 200.000 persone (e spesso anche di più).

Il problema è che il disagio mentale è in aumento soprattutto tra i giovani e aumentano casi di suicidio che è diventata la maggior causa di morte tra i ragazzi. Negli ultimi tempi si sta cercando di studiare il fenomeno della depressione e in genere dello stato mentale dei giovani. E tutti i contributi di ricercatori e accademici vanno in questa direzione: tra i principali motivi che incidono sulla salute mentale ci sono le cause sociali e l’incertezza per il futuro.

E nei Paesi sub-sahariani a soffrire di disturbi mentali è un adolescente su sette. Tanto è vero che ormai si parla di un’emergenza che riguarda il disagio mentale e i correlati casi di suicidi (o tentativi di suicidio) tra i giovani in questa parte del mondo.

La popolazione africana cresce a ritmi vertiginosi. Tra pochissimi anni sarà il doppio di oggi (oggi la popolazione è pari a 1 miliardo e circa 400 milioni di individui) ed entro il 2030 un giovane su quattro al mondo sarà africano. Che futuro avranno questi ragazzi?

Il progetto One Global Voice si sta occupando da tempo di approfondire questi temi, denunciarne ed elaborarne le cause, raccontando storie e riportando realtà e situazioni che fanno comprendere cosa provoca tanto disagio nelle popolazioni, cosa si sta facendo o perché persone e comunità vengono lasciate sole ad affrontare problemi enormi da cui non possono uscire senza aiuti mirati e specifici.

Ma nello specifico abbiamo deciso di dare la parola ai giovani, a quelli hanno deciso di denunciare, raccontare, urlare cosa accade a loro, agli amici, ai fratelli e sorelle nel tentativo sia di raccontarsi, sia di creare consapevolezza e dibattiti sul tema.

Lo stiamo facendo attraverso la pubblicazione di testi poetici di giovani artisti sub-sahariani che ci hanno affidato il compito di dare spazio alle loro voci con la speranza che facciano riflettere e magari pensare ad azioni concrete. O comunque ad andare in un’altra direzione. Perché – e lo ripetiamo – i disturbi mentali si possono prevenire agendo sulle cause sociali (e politiche) che li generano e dunque i conflitti, la povertà, la violenza (anche quella di genere) l’ingiustizia sociale e ambientale.

L’impegno di One Global Voice è anche quello di lavorare sui territori, in modo da portare esperienze e contenuti nel nostro Paese.

È in questo senso che il 18 febbraio 2023 si è svolto a Lomé, in Togo, “Mots Fous un contest a cui hanno partecipato artiste e artisti di slam (particolare forma di espressione verbale) sul tema della malattia mentale.

Evento che segue il lavoro del podcastParole in folle“.

Ognuno di loro ha portato una storia, un’esperienza, un racconto di vita. Cose che vanno condivise – come abbiamo fatto – per capire che, alla fine, sono problemi comuni quelli che ci legano e che affrontiamo semplicemente in luoghi (e spesso con modi) diversi: la paura del futuro, l’insuccesso, il vuoto interiore, una società che respinge anziché accogliere.

Ed è incredibile la passione e l’emozione concentrati in ogni singola parola dei lavori di questi giovani artisti, lavori presentati in anteprima al pubblico che ha partecipato alla serata del 18 febbraio scorso e che pubblichiamo su questo sito sia nella versione originale francese, sia nella traduzione in italiano (i link in calce al pezzo).

Le esibizioni sono state precedute da una conferenza tenuta dalla dottoressa Olivia Akpédje Gamatho, psicoterapeuta e responsabile del gabinetto di Psicologia Clinica Mieux Être a Lomé. Quanti psichiatri ci sono nel Paese, come si manifesta un disturbo mentale, quali possono essere le ragioni sociali? E quanto è importante l’attenzione al benessere mentale, prima di ogni altra cosa? Questi sono i temi e alcune delle domande (molti giovani, sottolineiamo, erano presenti all’incontro) a cui ha risposto l’esperta.

Noi dal canto nostro insisteremo a trattare questo argomento sia continuando a dare la parola – e il microfono – ai giovani africani sia organizzando e animando eventi e iniziative sul tema.

Prossimi appuntamenti in Italia, con una serie di incontri, conferenze e uno spettacolo finale con artisti provenienti dal Continente africano.

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Le poesie selezionate al concorso Mots Fous

La malattia mentale, di Othyembalh Nassoury in arte Irchaad (1° classificato)
Il mio male, il mio alter ego, di Pana Magnoudéwa in arte Crystal (2° classificata)
Follia, di Ayélé Prisca in arte Lys la slameuse (3° classificata)
Caos, di Komlan Mawuto Martel Daniel in arte Daniel
Diario di un folle, di El Mamadou Ousmane Barry in arte Al Moufty
La cura mentale, di Kagni Edmond Avla in arte Edmond Le Price Parolier
La psicologia, di Dominque Alagbe in arte Dodo Le Mancien
Mio padre ha perso la testa, di Senyo Kossivi Aimé in arte Senyo
La depressione, di Daniel Montcho in arte Dany Milo
L’ombra e la luce, di Hantou Watara in arte Wat le Poét
Il mio obiettivo, di Willy Akonka
Folle io sono, di Dostongnia Tongni Agbanto
Benessere al contrario, di Josepha Agbessi
Eh!, di Victor Anato in arte Naziyr

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