Interviste

“One Global Voice – Writing”, le interviste

Etnopsichiatria, sostegno psicologico ai migranti, solidarietà, inclusione e lavoro. Ma anche come si interpreta e si affronta la “follia” in Africa; quanto è ancora diffuso mettere in catene le persone affette da disturbi mentali, usare tecniche coercitive, appunto, invece di prendersene cura. Sono alcuni dei temi trattati dagli esperti, studiosi, attivisti, attori della società civile, impegnati sul fronte della salute mentale, ma anche di quello dell’accoglienza ai migranti, intervistati da One Global Voice nel corso dell’anno di progettazione dedicato all’approfondimento – in Africa e in Italia – delle tematiche in questione.

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Porto Alegre, ostacolare integrazione migranti incide sull’autostima

Anna Marchetto e Roberta Lorenzetto della Cooperativa Sociale Porto Alegre di Rovigo ci raccontano il loro approccio con immigrati, rifugiati e richiedenti asilo che manifestano disagi mentali, sociali e comportamentali. Come viene gestito il trauma del viaggio, il ruolo dell’intera equipe nel superamento delle difficoltà, in che modo le dipendenze possono compromettere la buona riuscita del processo di accoglienza e integrazione. E ancora, il comportamento della comunità nel processo di inclusione nel nostro Paese. Sono alcuni dei temi toccati nell’intervista, da cui emerge come sia importante un’impostazione interculturale per lavorare nel settore dell’accoglienza.

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Ghana, esorcismi e caccia alle streghe. Storie dai “Witch Camps”

In questo Paese dell’Africa occidentale sono estremamente diffuse credenze che riguardano poteri soprannaturali e la capacità di farne uso per danneggiare gli altri. In particolare la stregoneria, che ancora oggi non viene considerata una superstizione ma una possibilità concreta. Ne fanno le spese donne anziane, di solito vedove e senza protezione. Basta puntare il dito e affermare che sono loro la causa di una malattia, della “sfortuna” negli affari, di ogni sorta di cose. Spesso vengono picchiate e non sono rari casi di linciaggio. Per loro c’è una sola scelta: fuggire e trovare rifugio in villaggi isolati e remoti. Ne abbiamo visitati quattro e raccolto testimonianze da queste donne bandite dalla società per aver commesso “reati invisibili”.

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Migranti, lo stress post traumatico esasperato dal sistema hotspot

La maggior parte dei migranti arrivati in Europa via mare dal 2015 ha subìto violenze: problemi di salute mentale emergono durante il periodo di accoglienza, in particolare il disturbo da stress post-traumatico. Grazie a un recente studio, sappiamo che ciò che aspetta queste persone all’arrivo conta, tanto quanto le esperienze vissute lungo la rotta migratoria e nel Paese di origine. La vita in grandi strutture come gli hotspot e i CARA può incidere negativamente su disturbi pregressi. Le associazioni concordano: è tempo di rimuovere gli ostacoli all’integrazione, modificando radicalmente il modello di frontiera proposto dall’UE.

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Ghana, la solitudine dei malati mentali in corsie che erano prigioni

Nel Paese esistono tre strutture di questo genere. Una legge del 2012, che stabilisce tra le altre cose il decentramento dei servizi psichiatrici, ha ridotto notevolmente il numero dei pazienti e il problema del sovraffollamento. Oggi addirittura i posti letto eccedono il numero dei pazienti. Permangono comunque questioni di abbandono e lo stigma nei confronti di chi manifesta disturbi mentali. In questa inchiesta alcune storie degli ospiti dell’ospedale più antico (risale al 1906 ed era in principio un istituto di pena) e l’intervista al direttore esecutivo della Mental Health Authority che parla anche del principio e delle ragioni della cosiddetta decolonizzazione della salute mentale.

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Gianromano Gnesotto, gli immigrati sono persone non problemi

Giornalista, scrittore, docente di Diritto delle Migrazioni nel Master di Bergamo, esperto di politiche migratorie ma anche una figura importante nell’opera pastorale della Fondazione Migrantes di cui per anni è stato direttore nazionale. Oggi ha assunto l’incarico a Padova. In questa intervista analizziamo la tematica dal punto di vista delle azioni concrete e delle narrazioni da ribaltare per riuscire a passare dall’escludente “extra” (extra comunitario) e dal “multi” (multiculturale, multireligioso…), che di fatto rappresenta già da tempo la realtà, all’uso del prefisso “inter” (interreligioso, intercomunitario…).

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“Vivere in catene”, gli abusi sulle persone con disturbi mentali

Emina Ćerimović di Human Rights Watch racconta a One Global Voice le ricerche condotte in 60 Paesi del mondo sullo “shackling” ossia l’impiego di misure costrittive come l’incatenamento e l’isolamento per “curare” le persone con disabilità psico-sociali. Lo stigma, il pregiudizio e l’assenza di servizi per la salute mentale contribuiscono alla diffusione di queste pratiche disumane. Un cambiamento concreto potrà avvenire solo modificando o implementando le leggi esistenti contro questo abuso, e superando i preconcetti nei confronti di chi soffre di disturbi mentali.

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L’ordinario della follia in Africa, un lavoro storico antropologico

L’ultimo numero della rivista Politique Africaine è dedicato alla ricerca sull’ordinario della follia in Africa. Si intitola, appunto, “L’ordinaire de la folie“. Il dossier descrive – in una prospettiva storica e antropologica – le varie rappresentazioni attraverso le quali i disturbi mentali vengono percepiti nel continente africano e qual è il tipo di approccio medico e sociale. Focus su Senegal, Ghana e Madagascar. One Global Voice intervista lo storico e curatore del dossier, Romain Tiquet.

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Gruppo R, inclusione e lavoro per immigrati e vittime di tratta

Andrea Rigobello e Alberto Bicciato della cooperativa Gruppo R di Padova (che opera nell’ambito del vasto Gruppo Polis), spiegano a One Global Voice il loro lavoro nel settore dell’inclusione sociale dei migranti e nel settore del lavoro con il gruppo occupazionale protetto. Storie e processi di inserimento sociale e lavorativo nella realizzazione di un percorso costruito insieme (con successi e a volte prove difficili) superando ed evitando regole rigide e non condivise.

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Tosato, la solidarietà non è più un valore, ma noi andiamo avanti

Come operano i sistemi di accoglienza e i progetti che coinvolgono migranti richiedenti asilo o in attesa del permesso di soggiorno. In particolare persone con disabilità fisiche e problemi di salute mentale. L’importanza del rapporto di collaborazione tra cooperative e imprese che hanno bisogno di forza lavoro. Una nota di amarezza sul contesto sociale in cui le cooperative sociali si trovano a lavorare: “da anni accoglienza e solidarietà non sono più un valore ma noi continuiamo a seguire i nostri principi”.

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