spoken word

Slam poetry, sul palco un rito collettivo di guarigione

Con gli spettacoli dal vivo dal titolo Parole in folle si è chiuso il progetto triennale di One Global Voice. Progetto che ci ha visto – noi del team di Voci Globali – lavorare sul tema del disagio mentale raccontato nella forma della poesia e della spoken word da giovani artisti dell’Africa sub-sahariana. Abbiamo sondato le motivazioni culturali dietro lo stigma che accompagna chi ha problemi di salute mentale, abbiamo parlato dei motivi – per lo più sociali – che generano squilibri psichici. Ma soprattutto abbiamo lasciato spazio alla parola poetica rivelandone il potere terapeutico. Il nostro obiettivo è di continuare a percorrere una strada che ci ha portato a svelare in Italia grandi e talentuosi giovani artisti africani. Lo meritano loro. Lo meritiamo noi.

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“Mental Mess”, the generation that dreamed of peace and freedom

“[…] for pieces of me are everywhere… and in everywhere… are their names… the ones who faced death and still breathing… the ones who faced death and got the likes of me choking for air ever since… But yet… In everywhere, there are still dreamers I know will create realities my mind can’t yet comprehend… I mean, even babies are born fighting… resisting… hands in fists… so here is to the generation that dreamed of a better nation… dreamed of peace, justice and freedom…” Those are Rajaa Bushra’s words for the young sudanese revolutionaries. A revolution that in Rajaa – and many others – has brought a never healed trauma.

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“Disordine mentale”, la generazione che sognava pace e libertà

“[…] pezzi di me sono ovunque… e ovunque… sono i loro nomi… quelli che hanno affrontato la morte e ancora respirano… quelli che hanno affrontato la morte e da allora hanno soffocato quelli come me… Eppure… Ovunque ci sono ancora sognatori e so che creeranno realtà che la mia mente non riesce ancora a comprendere… In fondo, anche i bambini nascono combattendo… resistendo… stringendo i pugni… allora brindiamo alla generazione che sognava una nazione migliore… sognava pace, giustizia e libertà…” Sono le parole di Rajaa Bushra dedicate ai giovani rivoluzionari sudanesi. Rivoluzione che nell’autrice – come in tanti come lei – ha provocato un trauma mai rimarginato.

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“Vivere con il disturbo bipolare”, dubitare di se stessi e della realtà

La consapevolezza è il primo passo verso la guarigione e la scrittrice kenyota Emily K Millern lo sa. Scrive spesso dei suoi disturbi mentali e così trasforma un tema non tradizionalmente “poetico” in arte, ottenendo anche un effetto terapeutico per sé e per chi legge. La condivisione di esperienze molto intime “ci ricorda che non siamo soli, che facciamo parte di una battaglia più grande in cui ciascuno deve fare la propria parte”, come lei stessa ha detto. Emily, infatti, si occupa attivamente di sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema tanto delicato quanto trascurato come quello della salute mentale.

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“Living with bipolar disorder”, questioning yourself and reality

Self-awareness is the first step towards healing and young Kenyan writer Emily K Millern knows it well. She often writes about her mental health struggles and so trasforms an unusual topic for poetry into art, achieving a therapeutic effect for herself and her readers. Sharing personal experiences – as her bipolar disorder – “reminds us that we are not alone, we are part of a bigger fight and we all have a role to play”, as she said. In fact, Emily strongly advocates for raising public awareness on mental health, a subject as sensitive as underestimated and neglected.

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