poesia

“Il mio male, il mio alter ego”, sola nel mondo contro la solitudine

Crystal (nome d’arte di Pana Magnoudéwa) è una slameuse togolese. Nei suoi versi dipinge le emozioni che può provare una persona affetta da patologie mentali. “Voglio sottolineare l’influenza del mondo esterno sulla salute mentale. Tutti possono contribuire alla guarigione di una persona che manifesta disturbi mentali cercando di ascoltare i suoi desideri, invece di voler sempre prendere decisioni al suo posto. Il mio testo è un invito a frequentare un malato di mente, augurandosi che lo sguardo che il mondo gli rivolge possa cambiare e diventare qualcosa di diverso dalla pietà”.

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“Andolo, l’albino talentuoso”, intervista allo scrittore Nsah Mala

Nel Continente africano le ostilità e le discriminazioni verso le persone albine sono ancora troppe. Così, per celebrare gli albini e permettere agli altri di superare lo stigma, sono sempre di più gli scrittori che pubblicano opere sull’argomento. Questo è il caso di “Andolo: the Talented Albino“, il libro per l’infanzia scritto dal camerunense Nsah Mala. Come emerge dall’intervista condotta da Pina Piccolo di The Dreaming Machine, l’autore è partito dalle esperienze di vita dei suoi familiari per raccontare la storia avvincente di un bambino affetto da albinismo, con l’intento di divertire e informare i suoi piccoli lettori.

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“Morte in vita”, un’esistenza con la tristezza intessuta nelle ossa

One Global Voice raggiunge il Botswana con questa poesia dedicata alla fatica di vivere. Quando non è impegnata nel suo lavoro, Maipelo M Zambane si dedica alla lettura e soprattutto alla scrittura: tiene un profilo molto attivo su Twitter e collabora alla rivista digitale Afrolutionist, che ha l’obiettivo di contribuire allo sviluppo inclusivo in Africa e nella diaspora africana attraverso la prospettiva dei diritti umani. “Non ricordo il giorno in cui ho smesso di abbracciare la speranza”, così si chiude questo doloroso pezzo dalla sua recente raccolta Life and Everything in Between.

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“La depressione è per gli altri, i bianchi. Qui la chiamiamo Follia”

Nanda è un’artista gabonese singolarmente poliedrica, slameuse, cantante, scrittrice e giornalista. Appartiene alla famiglia degli idealisti che osano credere nel potere dell’oralità, nella capacità della parola poetica di unire gli esseri umani e risvegliare i sogni per renderci migliori. Ha partecipato a numerosi festival iin diverse nazioni. Co-fondatrice del collettivo Slam Action e della Maquis Bibliothèque, membro del collettivo Kidikwa. In questo testo parla della follia come perlopiù la si interpreta in Africa, non in Occidente e racconta la storia di una donna isolata e giudicata a causa dell’amore di una sola notte. “Malattia mentale”?/Il termine non gira nelle strade qui/È un dolcetto assaporato da bocche intellettuali/Qui la chiamiamo “Follia”.

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Baya Osborn, “Occhi d’oceano” che non hanno passato né storia

Baya Osborn – nome d’arte Bayable Word – è un poeta e scrittore keniota di appena diciotto anni. “La mia vita ha preso la strada della poesia” ci ha raccontato. Tra i temi dei suoi testi anche la salute mentale. “La malattia mentale è qualcosa che può riguardare davvero chiunque. Soprattutto persone giovani. Noi scrittori dovremmo scuotere e incoraggiare attraverso le nostre opere tutti coloro i quali vivono un periodo difficile, dovremmo far passare il messaggio che teniamo a loro, che li difenderemo e che le loro vite cambieranno”.

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Eleazer Obeng, “Il laccio del diavolo”, male silenzioso che opprime

“Il sole è alto, sembra un nuovo giorno. Sospiro. Sei ancora qui. Non lo è. Come sei entrata? Piango. Un frastuono innaffia la mia ansia facendo germogliare il dubbio e i traumi del passato che pensavo di avere sepolto.” Questo poema, ci racconta Eleazer Obeng, “nasce come annotazioni in cui cercavo di dare un senso a una facciata creata per allontanare un vuolo che sentivo dentro e che non riuscivo a spiegarmi”. Dennis, questo il nome nella vita reale, si definisce “gender fluid” e in Ghana, Paese dove è nato e vive, è attivista per i diritti dei queer.

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“Voglio umanità!” Voglio le piccole cose che tu ti vergogni di fare

“Immagina di raccogliere tutto il tuo coraggio e di venire da me. Da me, una ragazza sconosciuta seduta da sola a mensa. Da me, quella signora apparantemente molto occupata con una tazza di caffè fumante al bar. Da me, quell’adolescente piena di arie, assediata dagli ammiratori, l’invidia di tutte. Immagina di venire da me e dirmi “ciao. Immagina di raccogliere tutta la tua empatia e di venire da me…” Inizia così questa poesia che pubblichiamo su gentile consessione dell’autrice. Parla di solitudine, di abbandono, di ricerca dell’altro.

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“I deboli pilastri della sanità mentale”, mettere a tacere il cervello

“La mia dottoressa entra, tende il braccio guantato, macchiato dai silenziatori multicolore, con cui vuole impasticcarmi, per rinsaldare i deboli pilastri della mia sanità mentale”. Ѐ la prima strofa di una poesia dell’autore ugandese che ha dedicato molti testi al tema in questione. In arrivo altre opere e raccolte che indagano timori e solitudini della malattia mentale. Pubblichiamo la traduzione in italiano e l’originale in inglese.

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