donne poete

“Depressione”, il suono della musica in quella morsa che si allenta

Spesso chi convive con una patologia finisce con il personalizzarla, considerarla come un’entità con una vita e una volontà propria. Così l’autrice tanzaniana Delphina Robert scrive, in forma poetica, una lettera alla depressione che, se fino a poco prima era con lei, ora se n’è andata improvvisamente. Nessuno l’ha avvisata di questa “partenza”, dice, ma ora l’assenza è evidente: la musica ha tutt’altro suono. E la sensazione iniziale di disagio, di trovarsi in una condizione diversa, lascia spazio al sollievo, e a un foglio bianco tutto da scrivere.

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“Crisi di mezzanotte”, per correre al riparo sotto il tetto del trauma

Le giornate si susseguono in una condizione di solitudine; la voce narrante racconta di essere lontana dalla famiglia e senza accesso ai mezzi di comunicazione. Osserva una foto di sé, una versione smagliante e piena di entusiasmo, ben lontana dalla percezione di quel momento. Da questa osservazione scaturisce un dialogo con il proprio io, alla ricerca dell’identità, della storia personale e famigliare; infine, di un senso di appartenenza. E così la mente va ai genitori, alla vita della nonna e ai traumi, individuali e intergenerazionali, un grande “ciclo di vita senza equilibrio” al quale cerchiamo di dare senso.

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“Una lettera alla mia migliore amica”, la scrittura come guarigione

L’autrice tanzaniana Leah Gerald Soko racconta di aver scritto questo componimento di notte, con la mente e l’animo in subbuglio. Sentendosi impotente e incapace di fronte alle difficoltà della sua vita e, soprattutto, sentendo di non avere nessuno con cui confidarsi, ha deciso di scrivere. Una lettera alla sua migliore amica diventa l’occasione per aprirsi rispetto ai suoi sentimenti più nascosti, per affrontare le avversità e trovare la motivazione per accettare la sofferenza e decidere di voler guarire. Come Leah stessa ci ha detto, la scrittura ha aperto “un varco nella depressione e nell’ansia” e rappresenta ora uno strumento “per guarire e sentirmi forte e sicura.”

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“Finalmente in pace”, l’ultima pallottola per volare in alto nel cielo

Reem Yasir, poetessa sudanese, apre questo componimento poetico “in medias res”. La protagonista ha una pistola mano, è carica. Ha tre pallottole, tre opportunità da non sprecare per farla finita. Per mettere a tacere quella voce cattiva nella testa che da sempre commenta ogni azione e ogni pensiero insultando, denigrando. Ma sbaglia la mira e la voce si fa sempre più crudele. Il finale della poesia racchiude tutte le emozioni contrastanti di un momento così disperato: l’esasperazione di un’anima che non riesce ad appacificarsi e l’inespresso, commovente desiderio di poter vivere una vita diversa.

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“Vivere con il disturbo bipolare”, dubitare di se stessi e della realtà

La consapevolezza è il primo passo verso la guarigione e la scrittrice kenyota Emily K Millern lo sa. Scrive spesso dei suoi disturbi mentali e così trasforma un tema non tradizionalmente “poetico” in arte, ottenendo anche un effetto terapeutico per sé e per chi legge. La condivisione di esperienze molto intime “ci ricorda che non siamo soli, che facciamo parte di una battaglia più grande in cui ciascuno deve fare la propria parte”, come lei stessa ha detto. Emily, infatti, si occupa attivamente di sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema tanto delicato quanto trascurato come quello della salute mentale.

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“Agrodolce” è quel taglio nella pelle che soffoca il dolore dell’anima

Il disagio mentale può manifestarsi in svariate forme; alcune sono caratterizzate dall’autolesionismo, un circolo vizioso che conduce a punire il corpo, l’involucro del malessere interiore, fino quasi a trarne piacere. Questa esperienza viene raccontata con cruda sincerità da Mercy Bibian nel componimento poetico che qui presentiamo e che descrive il “viaggio” verso l’autolesionismo in singole scene di ispirazione cinematografica. L’esperienza del primo taglio e poi dei successivi, fino all’instaurarsi di una dipendenza dal dolore, dall’atto in sé del tagliarsi che – quasi inconcepibilmente – offre sollievo da pensieri e sensazioni che si fanno insostenibili.

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“Voglio andare in pezzi silenziosamente”: sognando la speranza

Eclettica artista dello Zimbabwe, Chioniso Tsikisayi dimostra in questo suo componimento un approccio particolare ai temi legati alla salute mentale. Un momento di consapevolezza rispetto a un imminente crollo psicologico è rappresentato con tratti leggeri e quasi soavi: anche la caduta può avere una sua bellezza. Come lei stessa ha detto: “La spensieratezza della mia scrittura è un’ode al mio bambino interiore che sceglie di vedere la bellezza anche in mezzo al caos. Lo spazio letterario è già saturo di componimenti egregi ma cupi. Essendo una giovane donna alle prese con il mondo, non voglio leggere solo scritti bui”.

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Abigail George, quando la parola affronta il buio della paranoia

Per favore, aiutatemi a correggere i jalapeños e Theodore Roethke è il titolo di questa poesia che ci conduce in un mondo tanto inconsueto quanto familiare. Si tratta di un territorio selvaggio dove la realtà e il sogno si incontrano: gli elementi del nostro quotidiano ci rammentano della loro dimensione simbolica e le voci nelle nostre teste dialogano con le voci degli autori che abbiamo letto e dei compositori di cui abbiamo ascoltato le musiche. Lungi dall’essere una mera giustapposizione di immagini e suoni, quella di Abigail George è una poesia accuratamente strutturata che rivela con tatto e chiarezza la lotta per raggiungere l’equilibrio mentale e diventare una donna indipendente ed emotivamente stabile.

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“Come una candela nel vento”, quel soffio sulla fiamma della vita

“È così difficile, questa cosa del vivere / due decenni a volte sono / più di quanto uno possa sopportare”, così inizia questo testo poetico, composto sull’onda della commozione per la morte di un giovanissimo e stimato poeta. Lo racconta l’autrice stessa, vangile gantsho, poetessa e guaritrice sudafricana che scrive fin dalla più tenera età, prediligendo l’approccio personale e politico. Sebbene ci siano “cicatrici troppo profonde persino per la poesia”, quest’opera illumina i sentimenti più bui dell’animo umano che portano al suicidio, una scelta che l’autrice invita a non giudicare frettolosamente come vigliacca ed egoista.

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“Senza titolo”, quelle parole dissolte nel vortice della depressione

Una poesia intitolata “Senza titolo”, perché di fronte alla depressione spesso mancano “le parole per dirlo”. Non solo il mondo circostante sembra dissolversi, ma le parole stesse si svuotano, non sembrano adeguate a descrivere il malessere che si prova. Questo il tema al centro della poesia di Alum Comfort Anne, giovane e talentuosa poetessa ugandese che, ispirata dalla sua esperienza personale, ci conduce con lei nel cuore di una notte dolorosa, in bilico tra il desiderio di vivere e quello di morire. La poetessa ci accompagna fino all’alba, con un richiamo finale ricco di speranza all’umana comprensione e solidarietà, perché “siamo tutti umani, alla fine”.

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