Il legame tra malattia mentale e povertà, il caso del Sudafrica
[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Emily Garman pubblicato su The University of Cape Town News]
Il concetto di salute mentale viene spesso interpretato erroneamente come l’assenza di malattia o di infermità ma, in realtà, la questione è molto più complessa. Si tratta di uno stato di benessere emotivo, psicologico e sociale, un concetto multidimensionale intrinsecamente connesso all’ambiente socio-economico di un individuo. Il legame tra l’insorgenza di malattie mentali e la povertà è stato oggetto di studi negli ultimi vent’anni ed è ormai noto che questi due fenomeni interagiscono in un circolo vizioso.
Da un lato, le persone che vivono in uno stato di povertà, a causa della disoccupazione e della mancanza di abitazioni adeguate e comfort di base, hanno più probabilità di essere affette da un disturbo mentale. Questo processo è conosciuto come causalità sociale e si pensa che ciò sia dovuto a elevati livelli di stress, esclusione sociale, diminuzione di capitale sociale e aumento di violenze e traumi che le persone che vivono in povertà rischiano di dover affrontare. Gli studi dimostrano come questi determinanti sociali tendono a causare disturbi mentali comuni come la depressione e l’ansia.
Dall’altro lato, è più probabile che, a seguito di una produttività ridotta, della perdita di lavoro e dell’aumento della spesa sanitaria, gli individui affetti da un disturbo mentale cadano o restino in una condizione di povertà. Questo fenomeno è noto come il processo della deriva sociale.
Dunque, la povertà porta a un peggioramento della salute mentale e viceversa e ciò causa, a sua volta, una diminuzione delle opportunità di sviluppo economico e un aumento del rischio di povertà permanente. Di conseguenza la nascita di un circolo vizioso.
Quest’ultimo, infatti, non riguarda solo gli adulti ma anche gli adolescenti. La giovane età adulta è un momento di importanti cambiamenti sociali, emotivi e comportamentali, un periodo in cui le persone potrebbero trovarsi a passare dal mondo dell’istruzione a quello dell’impiego e nel quale le relazioni e il sostegno sociale definiscono le caratteristiche della propria identità.
I giovani che vivono in stato di povertà, si trovano ad affrontare ulteriori svantaggi che possono compromettere la loro capacità di portare a termine gli studi, di trovare un impiego e di raggiungere i loro obiettivi. Tutto ciò limita anche le loro condizioni di vita e li espone a un rischio ancora più grande di una malattia mentale.
La domanda di azione
Quindi, che cosa possiamo fare per interrompere questo circolo vizioso? Il trasferimento diretto di denaro in contanti alle persone povere e indigenti è una delle forme più comuni degli interventi di lotta alla povertà, pensati al fine di ridurre le disparità in materia di reddito, istruzione e occupazione.
Queste azioni hanno dimostrato di migliorare i risultati economici, ma possono fare lo stesso anche con la salute mentale, interrompendo il processo di causalità sociale? Allo stesso modo, gli interventi sulla salute mentale come la psicoterapia, i programmi di sostegno e le cure mediche possono fronteggiare il fenomeno della deriva sociale attraverso il miglioramento delle opportunità economiche, nonché della salute mentale?
Uno studio condotto quasi dieci anni fa ha esaminato tutte le ricerche disponibili sull’argomento, che in quel periodo erano piuttosto limitate. Questo perché la maggior parte delle valutazioni degli interventi contro la povertà tende a focalizzarsi sui vantaggi socio-economici mentre gran parte delle stime delle azioni di salute mentale si concentra sui risultati relativi alla salute, e questi due campi di ricerca hanno davvero poco in comune.
Questo studio prendeva in considerazione una domanda precisa: dato il circolo vizioso, dovremmo concentrare i nostri sforzi sulle azioni per contrastare la povertà nella speranza di migliorare lo stato di salute mentale delle persone che vivono in uno stato di difficoltà economica? Oppure dovremmo impegnarci a fornire azioni di salute mentale al fine di alleviare il fardello del disagio mentale e di migliorare la vita e le opportunità economiche degli individui affetti da problemi di salute mentale?
La risposta è probabilmente entrambe le cose. Migliorare lo stato di salute mentale può accrescere l’impegno nel campo dell’istruzione e dell’occupazione e potenziare le opportunità economiche delle persone che vivono in aree con scarse risorse. Secondo lo studio, l’effetto benefico degli interventi di salute mentale rispetto ai risultati economici, come il reddito o i mesi di occupazione, era abbastanza evidente tra gli adulti. Sebbene la salute mentale sia un concetto radicato nella società, soprattutto nei Paesi poveri, è difficile che queste azioni da sole riducano il fardello della malattia mentale.
Al contrario, l’impatto degli interventi di lotta alla povertà sulla salute mentale appariva meno chiaro. Sembra, infatti, che alcune azioni che comportavano trasferimenti illimitati di denaro non hanno avuto alcun impatto sullo stato di salute di adulti e bambini. Ci sono, invece, altri interventi più promettenti: uno studio in Messico, ad esempio, ha rivelato che, a seguito di un incremento di trasferimenti di denaro contante alle famiglie da utilizzare per la scuola e per i controlli medici periodici dei figli, la memoria nei bambini è migliorata.
In un altro studio portato avanti in Uganda, i bambini orfani dell’AIDS, dopo aver preso parte a un programma familiare volto a promuovere le risorse finanziare, mostravano una maggiore autostima.
Sono chiaramente necessarie ulteriori ricerche, soprattutto tra i giovani, e questo è il motivo per cui attualmente siamo impegnati nell’elaborazione di un nuovo rapporto che mira a identificare i dati recenti dell’impatto degli interventi contro la povertà sulla salute mentale di bambini e adolescenti nei Paesi a basso e medio reddito.
Il rapporto fa parte di uno studio internazionale chiamato CHANCES-6, una nuova collaborazione tra le Università del Nord e del Sud del mondo quali: il Centro per la Salute Mentale Pubblica Alan J Flisher presso il Dipartimento di Psichiatria e Salute Mentale dell’Università di Città del Capo in Sudafrica, l’Università di Los Andes in Colombia, la Mackenzie Presbyterian University e l’Università Federale di San Paolo in Brasile, il Kings College e la London School of Economics di Londra.
Il progetto di ricerca CHANCES-6 mira a comprendere meglio l’impatto dei programmi di riduzione della povertà sullo stato di salute mentale, sulle opportunità di vita e sul rischio futuro di povertà degli adolescenti che vivono nei sei Paesi africani e latinoamericani come il Brasile, la Colombia, la Liberia, il Malawi, il Messico e il Sudafrica.
Puntiamo a raggiungere quest’obiettivo ricorrendo alle informazioni già raccolte negli studi di gruppo condotti in ciascun Paese. Quest’ultimi possono essere o parte delle valutazioni dei programmi anti-povertà o indagini nazionali che comprendono informazioni sull’adozione di iniziative governative contro la povertà. Sono inoltre previsti sondaggi e gruppi di discussione con i beneficiari dei programmi anti-povertà per capire meglio le loro esperienze di accesso ai trasferimenti in denaro e individuare i modi per migliorare il loro impatto.
Ci auguriamo che i nostri risultati ci aiutino a stimare il potenziale impatto degli interventi congiunti di lotta alla povertà e di salute mentale sulle opportunità future dei giovani. I risultati di questa simulazione ci portano verso la trasformazione del circolo vizioso in un circolo virtuoso.
Il caso del Sudafrica
In Sudafrica, un Paese caratterizzato da profonde disuguaglianze in termini di istruzione, salute, reddito e accesso agli alloggi, le nostre ricerche per CHANCES-6 si concentrano sul Child Support Grant (programma di trasferimento di denaro in contanti per i bambini poveri NdT), uno dei tanti progetti di sostegno sociale istituiti per ridurre il fenomeno della povertà tra i gruppi vulnerabili.
Introdotto nel 1998, il Child Support Grant è diventato l’unico più grande programma di riduzione della povertà infantile in Sudafrica, con oltre 12 milioni di beneficiari attuali. Se inizialmente era rivolto ai bambini di età inferiore ai sette anni con una sovvenzione di 20 dollari al mese (circa 17 euro NdT), da allora l’importo, i requisiti di età e la soglia di reddito del tutore sono tutti aumentati gradualmente.
Oggi, spetta a tutti i minori di diciotto anni, a patto che il loro tutore guadagni meno di 260 dollari al mese (circa 227 euro NdT). È evidente che questi aiuti vengano spesi in cibo, istruzione, beni di prima necessità e servizi e che questi ultimi contribuiscano a migliorare lo stato nutrizionale, di salute e il livello di istruzione del bambino. I
l nostro ruolo, in quanto partecipanti dello studio CHANCES-6, è quello di servirsi dei continui cambiamenti fatti nel tempo circa i requisiti di età per il Child Support Grant per capire se il fatto di ricevere questi sussidi possa migliorare anche lo stato di salute mentale e le condizioni di vita dei giovani in Sudafrica.
Attraverso una collaborazione continua con i soggetti coinvolti e i giovani durante tutta l’elaborazione dello studio, speriamo di comprendere meglio le percezioni e le convizioni delle persone sulla povertà, la salute mentale e le opportunità offerte ai giovani, garantendo così ai legislatori dei suggerimenti che siano pertinenti, fruibili e adeguati.
Trovare la speranza
Molti giovani che vivono in condizione di povertà in Sudafrica sono fin troppo consapevoli delle barriere strutturate a livello socio-economico che gli impediscono di raggiungere i loro obiettivi e di cogliere quelle opportunità che gli consentirebbero di contribuire allo sviluppo economico del Paese.
Per loro, il fatto di essere poveri è un qualcosa di strettamente connesso con l’insicurezza alimentare ed è associato alla perdita di dignità umana e al senso di vergogna, sentimenti che possono avere delle conseguenze a lungo termine sul loro benessere mentale e sulle aspettative di vita.
È, tuttavia, incoraggiante vedere la resilienza mostrata da alcuni giovani sudafricani, la loro volontà di uscire dalla povertà e la determinazione di rifiutare lo status quo. Come è stato dichiarato da un giovane in un gruppo di discussione di CHANCES-6:
Se vedi la povertà [come] un ostacolo nella tua vita, non andrai da nessuna parte. Ma se guardi oltre la povertà, ti vedrai nella tua vita come una persona di successo. Avere successo non significa essere ricco come Bill Gates. Avere successo significa raggiungere tutto ciò che si desidera nella vita, essere ciò che si vuole essere.
È, inoltre, chiaro quanto contino le strutture comunitarie e familiari. Molti giovani ci raccontano che si affidano al sostegno delle loro famiglie e comunità, sia a livello emotivo che finanziario, come un modo per portare a termine gli studi, trovare un lavoro e “stare lontano dai guai”:
Mia nonna mi spinge sempre a essere il migliore, a fare del mio meglio… Questa donna è davvero intelligente. In realtà, è solo che non ha avuto la possibiltà di fare quello che voleva e non aveva le opportunità che posso avere io. Mi dice di sfruttare ogni opportunità nella vita. Le occasioni che si hanno, vanno colte. Bisogna seguire tutto quello che si pensa possa funzionare nella propria vita.
Mentre le agenzie per lo sviluppo e i Governi iniziano a comprendere fino a che punto i problemi di salute mentale possano mantenere lo stato di povertà, noi nelle vesti di ricercatori ci auguriamo di poter trarre vantaggio da questa consapevolezza e continuare a operare con i decisori politici e i sostenitori della gioventù per valutare e attuare interventi mirati a interrompere il circolo vizioso.
Adottare un approccio di sviluppo economico impostato sull’intero arco della vita, uno di quelli che ne considera le fasi critiche, le transizioni e i contesti che fanno una differenza significativa nel benessere della persona, risulta l’unico modo per poter migliorare le condizioni sociali, economiche e sanitarie delle persone che vivono in difficoltà e interrompere il circolo vizioso della povertà e delle malattie mentali.
La dottoressa Emily Garman è ricercatrice senior presso il Centro per la Salute Mentale Pubblica Alan J Flisher, un’iniziativa congiunta dell’Università di Città del Capo e dell’Università di Stellenbosch in Sudafrica. La sede della ricercatrice Garman è l’Università di Città del Capo.