Noluthando Makalima e l’adaptive surf, celebrare la vita tra le onde

Noluthando Makalima è una surfista paralimpica di Città del Capo; nata con una paralisi cerebrale, oggi rappresenta per il mondo del surf – e non solo – un esempio di passione e speranza. Ha vinto una medaglia d’argento alle Paralimpiadi di quest’anno e recentemente ha ricevuto il Ministerial Recognition of Excellence Award dal GSport Awards, ricorrenza annuale che celebra i talenti sportivi femminili in Sudafrica.

Noluthando è una giovane donna, una madre, un’atleta di talento che non ha mai permesso alla disabilità di definire la sua storia. Questo però non significa che nella vita non abbia dovuto affrontare situazioni complesse: essere disabile comporta sfide giornaliere, particolarmente per quanto riguarda lo stigma sociale e la vita quotidiana nello spazio pubblico.

Parlarle ci ha permesso di comprendere appieno ciò che fa di lei un esempio reale di forza e intraprendenza; la sua esperienza dimostra ancora una volta quanto lo sport modifichi la percezione che abbiamo di noi stessi, il modo in cui viviamo la nostra corporeità.

Da quanto tempo pratichi surf? Perché hai scelto proprio il surf ?

Ho iniziato a praticare adaptive surf nel dicembre del 2014. Ho cominciato per divertimento, per provare qualcosa di nuovo, grazie all’incoraggiamento di un membro dell’associazione di supporto per disabili (di cui avevo iniziato a fare parte quell’anno). Quando sono andata in America con la mia squadra, qualcosa è cambiato. Il surf ha cambiato la mia vita. Ho capito di amare questo sport, soprattutto perché ho notato come le persone cambiano mentalità quando si rendono conto che si può surfare pur avendo una disabilità. Stiamo parlando di uno sport molto particolare: non tutti riescono ad immaginare che anche le persone disabili possano praticarlo.

Noluthando Makalima durante la sua prima sessione di adaptive surf

Che tipo di relazione hai con la tua squadra?

Posso dire che la relazione con la mia squadra sia speciale. Tutti coloro che fanno parte del South African Surfing Team sono diventati degli amici e per questo mi sento fortunata, abbiamo un bel rapporto. Ci sentiamo ogni settimana, anche solo per sapere come stiamo, per rimanere in contatto.

Ci descriveresti la tua disabilità? Di cosa si tratta?

Ho una paralisi cerebrale da quando sono nata. Influenza soprattutto come parlo e come cammino; non ho un buon equilibrio e per questo uso le stampelle.

Da ciò che hai detto si capisce che il tuo problema fisico riguarda particolarmente l’equilibrio. Perciò usi le stampelle; come trovi invece l’equilibrio sulla tua tavola da surf mentre sei in acqua?

Riesco a trovare l’equilibrio in due modi: grazie alla mia tavola e grazie al mio coach. La tavola mi sostiene in acqua, mentre il coach mi sostiene fuori dall’acqua, spronandomi con parole incoraggianti. Mi fido di loro – la mia tavola e il mio coach -mentre faccio surf, conto su di loro e quindi mi sento libera e sicura.

Sappiamo che non è sempre facile essere una sportiva con disabilità. Come hai vissuto il rapporto con lo sport? Che tipo di sfide o difficoltà hai dovuto affrontare durante la tua carriera?

Si, non è facile. Prima di tutto, le persone spesso non ti prendono sul serio e tra queste può esserci anche la tua famiglia. Capita che credano che il surf (o in generale una carriera sportiva) sia qualcosa di passeggero o un semplice hobby, sebbene fatto con passione. È importante essere forti e ripetersi che non bisogna farsi scoraggiare dagli altri.

Ho dovuto affrontare molte sfide legate alla mia disabilità. Lo stigma sociale è ciò che sento più forte e devo affrontarlo quotidianamente. La mia paralisi influenza il modo in cui parlo, dunque devo sempre accertarmi che le persone mi capiscano e spesso qualcuno ride di me. Io continuo sentendomi forte, non provo rabbia, è inutile: non posso cambiare la mia disabilità.

Spesso la gente presume che le persone disabili siano destinate ad accontentarsi di fare il minimo necessario nella vita, non qualcosa come il surf o altro di simile. Per questo devo sempre spiegare alla mia comunità che posso fare ciò che desidero o che mi piace, nonostante la mia disabilità. Devo sempre ribadire che essere disabili non significa vivere la vita passivamente, ma al contrario è giusto avere passioni e fare tutto ciò che serve per soddisfare se stessi.

La mia carriera come surfista è caratterizza da sfide giornaliere, ma prego di avere sempre la forza e di superare tutto, prima o poi. Innanzitutto, per me è stato molto difficile trovare uno sponsor. È necessario poi trovare e avere i soldi per allenarsi ad alto livello e partecipare alle gare; ciò non è sempre facile. Per esempio, io devo prendere in prestito mute e tavole da surf perché non le ho.

Il trasporto e l’uso di trasporti pubblici rappresentano per me una delle maggiori difficoltà, che influisce non solo sulla mia vita quotidiana, ma anche sulla mia carriera. Noi persone con disabilità abbiamo sempre problemi a trovare i mezzi di trasporto adatti; è difficile usarli e anche raggiungerli. È molto impegnativo, tutti i giorni, particolarmente per persone come me costrette ad usare le stampelle o la sedia a rotelle. Lo spazio pubblico e i trasporti non sono alla nostra portata.

Possiamo affermare che il surf sia uno sport abbastanza estremo; cosa ne pensi? Hai mai pensato che la disabilità potesse essere un limite per te?

Devo dire che sono d’accordo con questa affermazione, il surf è uno sport abbastanza estremo, tanto che non avrei mai pensato di esserne capace e di diventare la persona che sono adesso. Ma per me, essere disabile non ha mai rappresentato un limite. La disabilità non ha limitato le mie scelte e ciò che volevo raggiungere nella vita, il surf comunque ha cambiato il modo in cui vedo me stessa e la persona che sono oggi. Credo che  questo sport mi abbia permesso di diventare la persona che sento di essere attualmente.

Conosci persone con il tuo stesso tipo di esperienza alle spalle? Che tipo di disabilità hanno? Affrontano le tue stesse sfide o credi che vivano esperienze diverse?

Si, ad esempio i miei compagni di squadra sono persone disabili, ma non so spiegare pienamente in cosa consistono le loro disabilità. Sicuramente riguardo allo sport abbiamo avuto esperienze simili, ma le difficoltà nella vita sono differenti e dipendono da diversi fattori, dalla storia personale e dal carattere, dalla famiglia, dalla classe sociale…

Ci sai dire qualcosa sulle condizioni del parasport in Sudafrica, il tuo Paese? 

Non conosco molto bene la situazione degli altri parasport, ma a proposito del surf, la mia esperienza mi dice che il problema più forte riguarda la “mentalità”, ciò che si pensa della disabilità e degli sport estremi. Io ho dovuto affrontare molte sfide “sociali”: le persone non sono informate e molte volte ritengono che sia impossibile surfare con una disabilità. Ho dovuto convincere la gente intorno a me che praticare surf necessita dello stesso impegno e della stessa responsabilità di cui hanno bisogno gli altri parasport e che non è così pericoloso come si pensa. Surfare è praticamente terapeutico per me: mi aiuta rilasciare lo stress e a sentire il mio corpo totalmente libero.

Noluthando Makalima, il giorno in cui ha ricevuto il Ministerial Recognition of Excellence Award

Cosa diresti alle giovani e ai giovani che come te vorrebbero intraprendere una carriera da surfista o da sportivi in generale? Avresti qualche consiglio?

Direi sinceramente: ragazze e ragazzi, non esitate! Certamente è necessario impegnarsi molto, “lavorare sodo”. Continuate a fare sport e a seguire le vostre passioni.

Conosco due associazioni che potrebbero aiutare giovani con disabilità ad iniziare e continuare un percorso sportivo: “Made For More” e “Roxy Davis Fundation“; quest’ultima si concentra sul surf come terapia e possibilità per tutti.

Secondo te è facile entrare in contatto con il mondo dello sport per una ragazza o un ragazzo con disabilità? E con il surf?

Penso che non sia difficile conoscere o mettersi in contatto con realtà sportive, anche per le persone disabili. Dico questo in base alla mia esperienza. Se davvero vuoi fare sport, ci sono molte organizzazioni che fanno pubblicità a livello locale e che ti aiutano ad iniziare ciò che ti piace.

Pensi che il tuo Paese debba migliorare le condizioni dello sport per disabili?

Penso che debba aumentare le campagne nazionali per dare consapevolezza alle persone a proposito delle possibilità che hanno a disposizione, specialmente nel surf. Inoltre, è importante migliorare le condizioni economiche e dare maggiori opportunità per allenarsi e competere. Credo che le situazioni economiche e sociali non siano le stesse per tutti e che, a proposito di surf, il Governo pensi ancora che adaptive surf sia una disciplina pericolosa per le persone come me.

Che progetti hai per il tuo futuro come surfista professionista? Inizierai a gareggiare di nuovo quest’anno? Che tipo di desideri e obiettivi hai?

Attualmente sono in cerca di un lavoro perché ora non stiamo facendo attività, ma comunque quando arriverà il momento di allenarsi cominceranno i problemi economici: non sono pagata mentre mi alleno. Vorrei continuare a competere quest’anno e sicuramente l’anno prossimo perché questo è lo sport che amo, voglio migliorare e andare avanti con la mia carriera.

Il mio desiderio è raggiungere livelli maggiori di competizione e diventare un modello di vita per qualcuno.

Immagini quindi che la tua forza e la tua esperienza possano essere d’ispirazione per altre ragazze?

Sì. So ad esempio che molte persone sono ispirate dalla mia capacità di surfare. Credo che la mia testimonianza possa convincere molte ragazze a praticare surf o un altro sport, anche avendo una disabilità. Ricevo tutti i giorni messaggi di vicinanza e incoraggiamento. Ciò mi rende orgogliosa e aumenta la mia forza di volontà.

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