È così difficile, questa cosa del vivere
due decenni a volte sono
più di quanto uno possa sopportare
anni pesanti di vuote ricerche
di camminate senza meta in solitudine
alcune cicatrici sono troppo profonde
Persino per la poesia
Quel terzo decennio sembra
lontano una vita
lontano milioni di respiri
troppi anni di veglia
Forse un bicchiere potrebbe aiutare
Dov’è la Fast Car di Tracy
quando le tende sono chiuse
sdraiata sul pavimento
una lama in mano
l’orologio gira in verso contrario
Qualcosa deve cambiare, tutto questo deve finire
È così solitaria, questa cosa del vivere
una notte a volte può farci
affogare
i minuti di tante ore
persino i secondi possono essere un tormento
Un buco nero di solitudine
La morte è l’ultima poesia
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Su gentile concessione dell’autrice
Traduzione di Gaia Resta
Particolarmente attiva nei movimenti femministi neri in Sud Africa, scrive testi personali e intimisti ma con un taglio decisamente politico.
Come spiega nel suo blog, ha composto questa poesia dopo aver appreso del suicidio di un giovanissimo e talentuoso poeta, Ayanda “Juba” Lushaba: “Tante persone giudicano il suicidio con superficialità, pensano che chi lo commette sia solo un codardo e un egoista. Ma la verità è che quella di suicidarsi non è mai una decisione facile, presa davanti a un bicchiere di vino. Se non si è mai provata la sensazione, non si può capire davvero cosa significhi trovarsi in una condizione di tale oscurità e solitudine da non poter sopportare un altro respiro“.
vangile racconta di essere stata lei stessa vicina al suicidio durante l’adolescenza e anche dopo i vent’anni, e di come le cure mediche e il suo personale percorso di guarigione l’abbiano salvata.