Le mosche nella mia testa
ronzano, ronzano e non vanno mai via.
Monotonie, che fanno pesare la mia testa come un masso.
Canzoni per voce sola, per due voci; tutti lamenti funebri.
Sono un rifugiato nella mia mente.
Sono un rifugiato nella mia mente.
Le mosche vanno avanti e indietro.
Di ritorno dai loro banchetti,
alcune portano carichi di solitudine
suonano campanelli senza sosta
per ricordarmi che questo non è il mio posto.
Oggi non è la mia giornata.
Ieri non lo era.
Domani non lo sarà di sicuro.
Un altro ronzio mi fa pensare.
Qual è il mio posto?
Alcune mosche sbattono le ali
e così tormentano i miei pensieri.
Che cosa ha in serbo il futuro?
Il mio sarà audace come il sole?
O come la luna.
Forse il mio futuro sarà pieno di tristezza.
O sarà tutto di rose un FIORIRE.
Ora la mia mente è su un pendolo
L’oggi è infestato.
Donne e bambini piangono
Uomini non provano neanche più
Pochi vengono esaminati
Il test è per le ferite esterne.
Ma quelle interne
sono più profonde del mare.
Nelle dimissioni, un lacunoso guarito.
Abbiamo bisogno l’uno dell’altro
Di parlare e sentire l’altro
Di ascoltare e guarire nell’incontro.
Il ronzio …
*********
[Traduzione di Gaia Resta]
Link all’originale
Su gentile concessione dell’autore
Attualmente è Lead Consultant per le arti performative di Oxfam Uganda per il programma WASH (Water and Sanitation hygiene) e vice presidente dell’International African Writers Association. Come attore lavora in radio per KAB Media, scrive per le riviste Tuck Magazine e Thurst Magazine, inoltre è co-fondatore della Tontoma Poetry Session. Sta frequentando l’ultimo anno del corso di laurea in Performing Arts and Film presso la Makerere University di Kampala. Il suo blog è Wakavulu.
Alla nostra domanda sul perché scriva di salute mentale (tra vari argomenti), ha risposto: “Penso che la sanità mentale sia uno di quei temi a cui non si presta attenzione, anche se ci tocca molto da vicino. Può cambiare profondamente la vita delle persone e in peggio, inoltre ha contribuito all’aumento della percentuale di suicidi. Scrivendone mi sembra di dare voce agli altri e di creare una piattaforma per dialogare, esprimersi e capire che il silenzio è stato spezzato“. Ha anche aggiunto: “Ritengo, inoltre, che la scrittura offra un luogo sicuro per lasciarsi andare e far uscire quei sentimenti che minacciano la salute mentale di un individuo. Come sempre, la scrittura è terapeutica!“