[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Manos Antoninis pubblicato su allAfrica]
Molti Paesi dell’Africa sub-sahariana vengono aspramente criticati per gli scarsi progressi finalizzati a garantire un’istruzione inclusiva. In questa parte del continente, solo due bambini su tre finiscono la scuola primaria nei tempi previsti mentre il numero di bambini e ragazzi che non frequentano la scuola è pari a 97 milioni (si tratta di una cifra in crescita).
Si parla meno, invece, dei vari strumenti che molti Paesi della Regione stanno impiegando per includere nelle scuole ordinarie quegli studenti che restano più indietro, ovvero coloro affetti da disabilità.
Questi sforzi andrebbero riconosciuti in quanto non c’è momento migliore di quello attuale per pensare all’inclusione scolastica. Nel campo dell’istruzione, infatti, le disuguaglianze sono sempre evidenti ma il nuovo Rapporto Mondiale di Monitoraggio dell’Educazione 2020 (GEM) pubblicato lo scorso 23 giungo dall’UNESCO, mostra come la pandemia di Covid-19 abbia aggravato il fenomeno dell’esclusione.
Circa il 40% dei Paesi dell’Africa sub-sahariana non è stato in grado di sostenere gli studenti svantaggiati durante il periodo di chiusura delle scuole, in particolare quelli con disabilità.
Prima dello scoppio della pandemia, le Nazioni dell’Africa sub-sahariana stavano adottando diversi approcci per favorire l’inclusione. I dati riguardanti il continente mostrano che il 23% dei Paesi dispone di leggi che richiedono un’istruzione scolastica separata per i bambini con disabilità. Tuttavia, di solito, la maggior parte delle Nazioni utilizza, per gli studenti con gravi disabilità, l’approccio “mainstreaming” e altri piani di sostegno in maniera combinata.
Inoltre, molti dei Paesi che stanno pensando di passare dai sistemi scolastici “separati” a quelli inclusivi devono superare sfide gestionali. Devono capire come poter distribuire al meglio le risorse specialistiche tra le scuole in modo che tutti i bambini possano fruirne. Esempi di tali approcci vengono da varie parti del continente.
L’Angola e la Nigeria, ad esempio, oltre ad offrire una formazione specifica agli insegnanti, stanno prendendo in considerazione l’idea di trasformare le scuole speciali in centri di sostegno per bambini con disabilità all’interno delle scuole ordinarie. Nel 2017, l’Angola si è fissata l’obiettivo di includere nelle scuole ordinarie 30.000 bambini con esigenze educative speciali entro il 2022.
Anche il Kenya riconosce un ruolo fondamentale al passaggio dalle scuole speciali verso un’istruzione inclusiva. Per adesso, sono quasi 2.000 le scuole ordinarie di primo e di secondo grado che forniscono istruzione agli studenti con esigenze speciali.
Il Malawi sta sperimentando un duplice approccio. Da una parte, le scuole o i centri per studenti con esigenze speciali dove studiano alunni con gravi disabilità e dall’altra le scuole ordinarie frequentate da quelli con lieve disabilità. Le scuole speciali di ogni livello di istruzione sono state poi trasformate in centri di risorse.
La Tanzania, invece, al posto dei centri di risorse, sta mobilitando gli insegnanti “itineranti” che offrono servizi specialistici ed è proprio la Tanzania Society for the Blind (ONG che fornisce assistenza ai non vedenti NdT) a gestire i docenti e offrire loro non solo la formazione ma anche una moto per gli spostamenti. Gli insegnanti effettuano anche controlli della vista ai bambini, li inviano alle strutture mediche e organizzano iniziative di sensibilizzazione e di counseling nei confronti della comunità.
Sebbene sembri chiara la volontà politica di cambiare le cose, spesso si registra un divario tra la teoria e la pratica. Ed è proprio qui che deve focalizzarsi la nostra attenzione: da adesso al 2030. In tutta l’Africa sub-sahariana, gli insegnanti accennano al fatto che l’attuazione dell’istruzione inclusiva sia, per mancanza di risorse, un processo difficile.
Prendiamo l’esempio del Malawi. Nonostante il Paese incoraggi sempre di più gli studenti con esigenze speciali ad iscriversi nelle scuole ordinarie, la mancanza di attrezzature scolastiche li obbliga poi a trasferirsi nelle scuole speciali.
In Namibia, la carenza di risorse nelle scuole delle zone rurali, l’assenza di infrastrutture accessibili e atteggiamenti ostili nei confronti delle persone con disabilità sono solo alcune delle barriere che impediscono al Paese la corretta attuazione della sua politica di inclusione scolastica.
Allo stesso modo, in Tanzania solo la metà dei bambini con albinismo conclude la scuola primaria in quanto mancano di sostegno e, spesso, finiscono per essere trasferiti nelle scuole speciali.
La stessa situazione si ritrova in Sudafrica. La Nazione dispone di una legge dal 1996 secondo la quale il diritto all’istruzione dei bambini con esigenze speciali deve essere rispettato nelle scuole pubbliche ordinarie. Ma di recente il Paese ha riferito al Comitato per i diritti delle persone con disabilità la presenza altre scuole separate di istruzione primaria, oltre che a una mancanza di offerta scolastica per i bambini con gravi disabilità intellettuali.
Un altro esempio è quello del Ghana. È l’unico Paese dell’Africa sub-sahariana che nella sua legge sull’Istruzione (la Riforma Educativa attuata nel 1987 NdT) adotta disposizioni per tutti gli studenti.
Il suo quadro politico del 2015, che mira a un’istruzione inclusiva, prevede di trasformare le scuole speciali in centri di risorse mantenendo le classi speciali, le scuole e altri istituti per studenti con gravi e profonde disabilità.
Tuttavia, ai bambini affetti da disabilità intellettive e di sviluppo è richiesto di svolgere gli stessi compiti con la stessa rapidità dei loro coetanei “normodotati” e di prendere posto ai banchi lontani dalla cattedra degli insegnanti. Spesso a causa dei loro problemi comportamentali questi bambini subìscono punizioni fisiche da parte dei docenti. E questo avviene anche nelle scuole inclusive di Accra.
Sebbene tutti questi sforzi siano lodevoli, per mettere in atto un’istruzione inclusiva non basterà soltanto gettare le basi. Per realizzare le proposte ambiziose precisate nelle politiche in materia di istruzione ci vorrà una nuova ondata di sforzi.
Il Rapporto GEM 2020 esamina le diversi fasi necessarie per offrire un’istruzione inclusiva agli studenti con disabilità e fornisce ai legislatori, agli insegnanti e alla società civile dieci consigli per i prossimi dieci anni.
Si spera che questo rapporto sia una risorsa utile per i Paesi dell’Africa sub-sahariana per poter passare alla fase successiva.
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[Manos Antoninis è il Direttore del Rapporto Mondiale di Monitoraggio dell’Educazione (GEM) e il suo mandato ufficiale è quello di controllare i progressi compiuti verso il conseguimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile numero 4 in materia di istruzione perseguito dalle Nazioni Unite e da raggiungere entro il 2030.]