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“Vivere in catene”, gli abusi sulle persone con disturbi mentali

Human Rights Watch, organizzazione internazionale per la tutela dei diritti umani, ha di recente pubblicato un report dal titolo “Living in chains. Shackling of people with psychosocial disabilities worldwide” (La vita in catene delle persone con disabilità psico-sociali nel mondo).

Il lavoro, frutto di circa 10 anni di indagini sul campo, racconta di come in 60 Paesi del mondo le persone affette da disabilità psico-sociali vengano incatenate e confinate in spazi angusti.

Molte vengono rinchiuse in stanze, capanni o gabbie sovraffollati e sporchi. E sono costrette a mangiare, dormire, urinare e defecare in quell’unico spazio, spesso con altre persone. Questa pratica disumana è chiamata “shackling” ed è tuttora adottata in quei Paesi in cui mancano servizi adeguati a sostegno della salute mentale. D’altra parte, lo stigma e le credenze legate ai disturbi mentali condizionano fortemente sia le famiglie che le istituzioni e i Governi a livello più ampio.

One Global Voice ne ha parlato con Emina Ćerimović di Human Rights Watch, esperta dei diritti delle persone con disabilità e coinvolta in prima persona nelle indagini soprattutto per la situazione in Nigeria dove ha lavorato per due anni.

 

 

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