Eh!
Perché mi guardate così senza parlare a voce alta?
Mormorate nel vostro patois che neanche la mia bottiglia sa
Ah! Volete sapere chi sono, non è così?
Sono l’ubriacone che inebria l’arte, l’inebriArte che predica nella cattedrale
Sapete,
Un giorno ho assistito a una discussione che m’ha fatto brontolare
Era tale lo scontro tra le dieci puttane di Galileo
Questa lotta infernale tra le membra del mio stesso corpo
Si dice che le parole seminino la confusione, e qui nessuno accetta il torto
Tra il mio piede e la mia testa era un corpo a corpo
Il piede non voleva più esser comandato dalla testa
Non voleva più essere un piede ma piuttosto diventar una testa
E portare persino un berretto
Quell’altra, la mano, diceva bah, la forza della testa si ferma all’informazione
E tu, piede, percorri il cammino solo per esecuzione
Sono io a far tutto il lavoro
Sono io a meritare l’onore più grande
Ecco! Alla fine tutti volevano diventare la mia testa
E nessuno vuole accettare la sua posizione e assumerla
Capire che la dimensione di ciascun dito è utile per sferrare il pugno
Che la testa vuole andare
Ma sta ai piedi di camminare
Che le mani vogliono fare
Ma sta agli occhi di restar aperti
E che è questa diversità a comporre quella società che son io.
Società? No!
Quel paese che son io
Paese? Ahhhhh quell’inebriArte che son io
L’inebriArte che predica nella cattedrale.
Dunque,
Dunque, che succede se decido di prendere il mio Tchouk da MAZALOU a Lomé,
Prima di andare a “scherzare” con ADEMÈDÉSI da Kokoli a Bassar
Ah! Quanto adoro l’ABLADJO FUFU KPLÉ DÉTSI HÉ di ASOUPINON
E certo che possiamo mangiare di tutto e lo YÈKÈ YÈKÈ da KODJONON a Dapaong, uh!
Che ne dite???
Vedete, non abbiamo altro al di fuori di ciò
Voi avete me, e io non ho che voi
Perciò non mi rifiutate, vi prego
Il vostro amore forse potrà cambiarmi
Sarò forse il folle, l’avvinazzato, il disabile
Ma non mi rifiutate, vi prego.
Includetemi nella vostra società, vi prego.
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Testo di Victor Anato in arte Naziyr, partecipante al concorso “Mots Fous”, Lomé (Togo), 18/2/2023
[Su gentile concessione dell’autore]
Traduzione di Giovanna Molinelli
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