Corpi piegati alla disabilità con la violenza, con le punizioni. Azioni che tendevano a soggiogare la persona ma anche a mostrare il segno del potere, potere di ogni genere su individui importanti, appunto, solo per il loro corpo. Pensiamo alle piantagioni degli Stati schiavisti, dove il corpo, valeva tanto quanto e fino a quando riusciva a produrre.
E c’è poi lo stigma sulla disabilità, uno stigma importato e prima sconosciuto a popolazioni indigene. È il caso, ad esempio, di come storicamente in Botswana le menomazioni – non poter camminare o la cecità – non erano considerate disabilità ma condizioni “normali” e collegate alla capacità di connessione con gli spiriti e ad altre abilità.
Il colonialismo – e la supremazia della razza – hanno creato modelli e quadri di riferimento anche nel concetto di disabilità e nelle sue categorizzazioni.
Lo affermano recenti studi come quello di Shaun Grech Decolonizzare gli studi eurocentrici sulla disabilità in cui, riprendendo un’ampia gamma di lavori di altri studiosi e accademici (non può mancare Fanon) spiega i motivi per cui tutte le questioni legate al colonialismo hanno un’enorme rilevanza sul dibattitio sulla disabilità nel Sud del mondo.